Il personaggio del mese

Intervista a Danilo Masotti, scrittore, blogger, musicista, agitatore culturale, consulente web

“Attenti agli umarells, ora ci ‘spiano’ con smartphone e tablet”

Con un libro di grande successo ha lanciato nell’universo mediatico la figura degli umarells, gli enigmatici pensionati che a Bologna, ma non solo, si vedono invariabilmente intenti ad osservare lavori in corso nei cantieri cittadini. In pochi anni si è guadagnato la fama di “antropologo urbano” sviluppando il tema in Rete su blog dedicati e nell’ambito di trasmissioni radiofoniche.

Nato sotto le Due torri, 48 anni, Danilo Masotti si autodefinisce “un ciappinaro della comunicazione” e nella vita “extra umarells” ha scritto diversi altri libri, si è occupato di musica, fondando nel 1986 il gruppo New Hyronja, e svolge la professione di consulente di comunicazione web e social media marketing.

Di recente, in occasione della pubblicazione del nuovo “studio” dedicato ai suoi personaggi, “Oltre il cantiere: fenomenologia degli umarells”, è stato gradito ospite e conduttore dell’iniziativa a sfondo ludico “umarells/pensionati” svoltasi nell’ambito dell’assemblea di Cna Pensionati Bologna.

Masotti, la prima domanda è praticamente d’obbligo. Chi sono gli umarells?
Semplificando: gli umarells sono gli anziani, i pensionati che possiamo vedere ogni giorno in giro per le nostre città intenti ad osservare gli operai al lavoro nel cantiere. Questi sono gli umarells classici, il messaggio che è passato dai miei studi pluriennali, ma se vogliamo approfondire l’argomento, non possiamo certo limitarci all’età di queste persone. Come ho analizzato in questi dodici anni di osservazione, si può essere umarells a quattro anni o non esserlo a ottanta. In poche parole, umarells si nasce, non si diventa. Si è umarells dentro.

Quando ha visto i suoi primi umarells e, soprattutto, come è nata la sua passione per questo “tipo” così particolare di bolognese?
Il primo umarell lo vidi il 4 febbraio 2005 in un parcheggio davanti al cinema Starcity di Rastignano. Era ovviamente mattina presto. Faceva freddo. Lui era lì col suo cagnolino, io aspettavo una persona e stavo scattando fotografie per il mio blog “Lo spettro della bolognesità”. L’umarell si avvicinò e mi chiese cosa stessi facendo. Le mie risposte non lo convinsero e questo episodio di controllo del territorio efficace mi colpì a tal punto che nel pomeriggio scrissi un post dove parlavo di quello che mi era accaduto. Utilizzai per la prima volta la parola umarell e fu un trionfo. Capii subito che da quel giorno la mia vita sarebbe cambiata. Un mese dopo il blog www.umarells.it, due anni dopo il libro.

A dieci anni dal suo primo libro, “Umarells”, che ha riscosso un grande successo editoriale, ha da poco pubblicato, “Oltre il cantiere: fenomenologia degli umarells”. Quale, se c’è stata, l’evoluzione nel tempo di questi ineffabili personaggi?
Non ci sono state particolari evoluzioni, le passioni degli umarells rimangono più o meno le stesse: osservare i cantieri, il ciappinismo, essere il primo della fila, attaccare cartelli nell’androne del palazzo per vietare qualcosa. Se proprio vogliamo parlare di un radicale cambiamento delle abitudini umarelliche, non possiamo evitare di parlare dell’oscuro rapporto tra umarells e nuove tecnologie, dove per nuove tecnologie indico due macchine infernali che rispondono al nome di smartphone e tablet. Un disastro, soprattutto per figli e nipoti degli umarells che si sono trovati all’improvviso ad essere i loro tecnici di fiducia, ma certamente un’occasione in più per litigare e sentirsi vicini. Gli umarells si fidano poco, dei parenti poi…

A quasi dieci anni dal successo del primo libro, il blogger bolognese ritorna ai suoi umarells per raccontarne l’evoluzione a base di smartphone e tablet.

Si autodefinisce “un ciappinaro della comunicazione”. Cosa c’è nella sua vita professionale prima e oltre agli Umarells?
Lavoro come libero professionista nel fantastico mondo di internet e della comunicazione digitale dal lontano 1995, un lavoro come tanti altri, niente di speciale e quando cerco di spiegare cosa faccia con parole comprensibili e non in inglese, tutti mi dicono così: “Ah sì, ho capito. Fai il lavoro del futuro”. Da vent’anni. Sarà. In sintesi, lavoro con i computer, i telefoni, le foto, i video e le parole. Tutto qui.

Qual è oggi il suo rapporto con la musica, un rapporto che inizia con le prime esperienze nella Bologna degli anni ’80?
Nel 1986 formai il mio gruppo, i New Hyronja dei quali ero il cantante e ogni tanto mi ritrovo ancora a esibirmi dal vivo durante le presentazioni spettacolo dei miei libri. Ascolto musica di continuo e mi piace scoprire nuovi artisti, sia del passato che del presente. Per questo internet dà una grandissima mano.

Insieme al suo editore ha lanciato un appello per l’inserimento della parola umarells nel dizionario della lingua italiana. Come sta andando?
Abbiamo inoltrato la pratica. Da bravi umarells abbiamo preso il “numerino” e siamo in fila in attesa che ci chiamino per dirci “Ecco il dizionario, andate a leggere cosa c’è scritto alla lettera “U”.

Un’ultima domanda, sta preparando qualche nuovo progetto? Da “antropologo urbano” ha in mente un altro “tipo” da studiare e descrivere?
Visto che siamo a maggio e l’ultimo libro che ho scritto è uscito a novembre, mi sono promesso di non scrivere nulla per un po’, ma so che non rispetterò questo fioretto. Attualmente sono molto attratto dall’idiozia dello slang aziendale fatto di inglesismi atti ad occultare “fuffa” (influencer, stakeholders, personal branding) o “cose poco piacevoli” (spending review) e dalla tossicodipendenza digitale, malattie contemporanee sottovalutatissime. Nuovi argomenti da studiare e descrivere? Chissà.

E dopo aver lanciato la proposta di inserire l’amata parola nel dizionario, mette nell’obiettivo del suo sguardo ironico lo “slang aziendale” infarcito di inglesismi “per occultare la fuffa”…